Storia

- La storia

La torre , denominata Torrenova, fu edificata alla fine del secolo XIII sui ruderi di una villa romana del III secolo. Essa fa parte di un complesso architettonico restaurato nel 1601 dagli Aldobrandini e comprende anche la chiesa di S.Clemente . Il suggestivo insieme di Torrenova , situato al chilometro 12.500 della via Casilina , viene comunemente detto “Castello” per via dei merli ghibellini che sovrastano le mura del massiccio recinto e la stessa stessa torre.
La denominazione Torrenova , estesa poi a tutta la tenuta , comparve intorno al secolo XV , ed è un chiaro riferimento a una torre antecedente : forse la scomparsa e sconosciuta Torre Ocilenda ( v) situata su un’altura adiacente che, in un documento del 1275 , risultava già allora diruta .
In un atto del 1391 è infatti citato il “ Casalis Turris Jo(hannis) Bove q(uod) nunc dicitur Turris Nova”
La tenuta di Torrenova era uno dei più importanti latifondi della campagna Romana. Si estendeva dal VI al X miglio di Vermicino , in località Giostra o Archetti di Torrenova , presso la via Tuscolana.
Nel VII secolo a.C. corrispondeva “all’AGER PUPINIUS” o “PUPINIENSIS” , territorio della tribù di Pupinia una delle sedici tribù rustiche tra le quali era diviso l’agro romano antico . Durante la seconda guerra punica il generale cartaginese Annibale (247-183 a.C.) provenendo da Capua, prima di tentare l’assalto a Roma , si accampò con il suo esercito nelle terre della tribù di Pupinia , nei pressi dell’attuale Torre Gaia. Il grande condottiero , che fu una delle maggiori personalità del mondo antico per intelligenza politica e perizia nell’arte della guerra , non riuscì tuttavia a penetrare nell’Urbe.
Nella zona ebbero proprietà importanti personaggi tra i quali non si possono non ricordare il generale romano M. Attilio Regolo , un altro illustre proprietario di queste terre fu Quinto Fabio Massimo generale romano , detto il Temporeggiatore . Dai ruderi della villa appartenuta a Lucio Fabio Cilone , un altro noto personaggio , deriverebbe il toponimo Grotta Celoni . Nel periodo imperiale , quasi tutte le alture della zona erano occupate da ville signorili e rustiche , ricchi mausolei e terme.
Intorno all’VIII secolo alcuni fondi , tra cui l’esteso Turrianum, territorio che comprendeva tutta la zona , vengono affittatiin perpetuo alla diaconia di S.Eustacchio .
Del 946 è il primo atto di concessione , da parte della Chiesa , di un territorio dell’Agro Romano ad una famiglia incaricata di fabbricarvi un castello e di difenderlo. Ciò dara origine al feudalesimo e alla crescente potenza delle famiglie baronali , in mano alle quali passerà la Campagna Romana . Nei secoli successivi la lotta delle investiture ecclesiastiche portarono a sanguinose stragi nella campagna , soprattutto nel 1084 , da parte delle truppe di Enrico IV . Il sovrano occupata Roma si fece incoronare imperatore dall’antipapa Clemente III , mentre il pontefice Gregorio VII , suo oppositore, dovette fuggire e trovò scampo a Salerno. Tutto ciò unito alle usurpazioni dei baroni , provocò la decadenza dell’agricoltura nell’Agro Romano , che ebbe come conseguenza il mancato drenaggio del terreno e l’incremento della malaria.
Fu intorno al XII secolo che nell’Agro Romano cominciarono a sorgere le caratteristiche torri, che avevano la funzione di vedette .
Nella seconda metà del XV secolo vediamo entrare nel dominio del latifondo la famiglia Della Valle . Nel XVI secolo la torre ed il casale presero il nome dell’allora proprietario Camillo Capranica, marito di Faustina Della Valle . Il nome è riportato anche nella mappa di Eufrosino della Volpaia del 1547 in cui presenta la costruzione con la torre a nord , la casa di abitazione a sud e un arco sopra la strada .
Probabilmente non erano state effettuate modifiche ai fabbricati quando il 19 gennaio 1562 , Faustina Della Valle , rimasta vedova , vendette la proprietà a Cristoforo Cenci . Cristoforo era rimasto celibe a causa degli uffici ecclesiastici che ricopriva , ma in punto di morte volendo evitare che l’ingente patrimonio da lui accumulato andasse disperso , decise di regolarizzare con matrimonio la relazione che aveva con una vedova , Beatrice Arias , la quale era diventata la sua amante già da molti anni , quando ancora il leggittimo marito era in vita.  Cristoforo sposò Beatrice e nominò così il figlio avuta da lei , Francesco, erede universale di tutti i suoi beni .  Il notaio si era però accontentato di una semplice dichiarazione verbale del moribondo , che affermava falsamente di aver avuta la dispensa papale , questa illegalità avrebbe provocato un ordine di sequestro ( in seguito non eseguito ) dei beni dei Cenci da parte dell’inflessibile pontefice Sisto V.
Francesco Cenci si sposò a 14 anni con una coetana , la nobile romana , Ersilia Santacroce,  rimasto vedovo si risposò con Lucrezia Petroni . Francesco fu un amministratore disordinato e caotico , il suo patrimonio si assottigliava sempre di più a causa dei risarcimenti che doveva sborsare per le numerose condanne a suo carico per liti, risse e violenze, rischiò perfino il rogo per sodomia ai danni di due suoi servitori e di una domestica. Fu un padre padrone che costringeva i figli e la moglie a vivere ai limiti della sopravvivenza . Nonostante ciò, ebbe il merito di unire a Torrenova molti dei piccoli fondi attigui, formando così una delle più vaste tenute della Campagna Romana , ma in seguito alle vicende giudiziarie in cui si trovò coinvolta la famiglia Cenci proprio per l’uccisione di Francesco , per mano di due sicari mandati probabilmente dai suoi stessi figli , il Fisco Pontificio si impossessò di tutti i loro beni compresa Torrenova. Dell’omicidio furono accusati la moglie e i figli ; Beatrice, Giacomo e Bernardo; durante il processo non si tenne conto delle violenze che Francesco aveva perpetrato sui suoi familiari né delle voci che ipotizzavano incesto con sua figlia , anzi furono proprio Beatrice e la sua matrigna a dichiarare che il Cenci le aveva sempre trattate bene nonostante tutti sapessero degli innumerevoli maltrattamenti ai quali le due nobildonne venivano ripetutamente sottoposte., uno stratagemma delle imputate che volevano in questo modo privare i giudici del movente .    tuttavia Beatrice e la sua matrigna Lucrezia furono decapitate su Ponte S.Angelo  mentre Giacomo secondo la legge dell’epoca fu squartato vivo e poi “mazzolato” cioè gli fu fracassato il cranio con una mazza . Giacomo nonostante le tremende torture continuava a proclamare l’innocenza del fratello Bernardo , al quale fu risparmiata la vita perché minorenne .Restò in prigione e fu costretto ad assistere all’uccisione dei suoi cari. Era la vigilia dell’Anno Santo del 1600 , Bernardo venne graziato nel 1605 dal papa Paolo V Borghese che lo inviò in esilio a Siena . Potè infine rientrare a Roma nel 1607 , dopo la revisione della sentenza.
Nel frattempo il 23 novembre del 1600 il papa autorizzò la vendita di Torrenova a Giovanni Francesco Aldobrandini generale di S. Romana Chiesa , la tenuta e il casale di Torrenova furono acquistati all’asta pubblica per 91.000 scudi , un prezzo molto inferiore al valore reale.  A ciò seguirono aspre e lunghe contestazioni da parte dei figli di Giacomo e altri membri della famiglia , compreso Bernardo e i sei figli avuti dopo la sua prigionia . Gli eredi dichiararono che Torrenova non era alienabile poiché faceva parte del fidecommesso di Cristoforo Cenci . Quindi fecero causa contro gli Aldobrandini per l’annullamento della vendita della Tenuta .La lunga controversia , trasmessa ai discendenti di entrambe le parti terminò il 27 giugno 1699, cento anni dopo . La tenuta tuttavia rimase agli Aldobrandini .
Il 26 maggio 1601 Clemente VIII si recò a Torrenova per controllare l’andamento dei lavori di ristrutturazione del casale. Il papa durante il tragitto si lamentò per le pessime condizioni della via Labicana così a luglio dello stesso anno fece cominciare i lavori di riparazione della strada che da Porta Maggiore conduceva a Torrenova , il costo fu ripartito fra i proprietari dei terreni confinanti con la via , ciò suscitò notevoli reazioni di protesta . Nel mese di agosto i lavori di rinnovamento del casale erano già bene avviati . Il complesso fu integrato con costruzioni nuove che trasformarono il vecchio casale in un piccolo castello. Il nuovo edificio è composto da due bracci , piuttosto sviluppati in lunghezza , che s’incontrano ad angolo con le due facciate maggiori. Sugli altri due lati delimita uno spazio chiuso con una recinzione coronata da merli ghibellini che comprende la torre e l’ingresso del castello. In alcune stanze del castello sono conservati gli affreschi attribuiti al pittore Giacomo Stella . Nell’edificio interno al cortile si può ammirare una grande e splendida scala a chiocciola di forma ottagonale progettata dall’architetto Giacomo Fontana , fratello del famoso Domenico. Sotto il portico nel cortile d’ingresso , dentro una nicchia alta circa tre metri , si trova una fontana in stile barocco nella cui volta è incastonata una conchiglia , la vasca ovale è di marmo bianco e riceveva l’acqua da una stella sovrastante , simbolo araldico degli Aldobrandini. Sul retro del castello addossata alla facciata esiste una grande fontana di cui rimane soltanto l’ampia vasca di forma rettangolare e al di sopra di essa vi sono due grandi nicchie alte circa tre metri con fondo roccioso da cui scaturiva l’acqua . A duecento metri in direzione nord ovest dal castello , gli Aldobrandini fecero costruire uno splendido ninfeo , impropriamente detto “Bagno della bella Cenci” del quale restano solo poche tracce. La costruzione era ornata da interessanti statue e delicati affreschi , ed era circondata da un laghetto artificiale per il quale fu costruito un acquedotto che riforniva anche il castello di acqua potabile . Anche il ninfeo è opera dell’architetto Giovanni Fontana , colui che progettò tutti i lavori di ristrutturazione del castello e che costruì , sui resti di un antico edificio, anche la chiesa intitolata a S. Clemente , allineata con il muro d’ingresso al cortile del palazzo ed eretta in omaggio al papa regnante.  Il nome del pontefice è scolpito nell’iscrizione posta sotto la cornice del timpano: CLEMENTE VIII PONT.OPT.MAX .La chiesa in stile barocco , è arricchita dai bellissimi affreschi che alcuni studiosi attribuiscono al Cavalier d’Arpino , il pittore preferito da Clemente VIII che in quegli anni lavorava per il papa.
Il 17 settembre 1601 Giovanni Francesco muore, Olimpia Aldobrandini ebbe da lui dodici figli tra cui Giovan Giorgio che a sua volta sposò Ippolita Ludovisi e da loro nacque una bambina a cui fu dato il nome della nonna , Olimpia . La principessa Olimpia fu mandata a compiere i suoi studi e la sua educazione nel monastero dei Santi Domenico e Sisto  a Roma . La giovanissima Olimpia a quindici anni , oltre ad essere ricca era anche una bellissima fanciulla ed ovviamente i pretendenti alla sua mano non mancavano , in particolare era molto contesa sia dalla famiglia dei Barberini che da quella dei Borghese . Nel 1633 sposò Paolo Borghese il quale morì dopo tredici anni di matrimonio lasciando la bella Olimpia con due figli e un notevole patrimonio principesco .
Il 10 febbraio 1647 nella chiesa di S. Clemente a Torrenova si celebrò il matrimonio tra Olimpia Aldobrandini e l’ex cardinale Camillo Pamphili  il quale per suo amore rinunciò alla sacra porpora . Alla morte della principessa Olimpia , avvenuta a Roma nel 1681 all’età di sessantatre anni , la tenuta passò al figlio del suo primo marito, Giovanni Battista Borghese , la tenuta rimarrà di proprietà della famiglia Borghese fino al 1928 . Nonostante i lavori eseguiti dagli Aldobrandini , che fecero del casale un piccolo castello , i Borghese non andarono mai ad abitarvi a causa della malaria che imperversava nell’Agro Romano . La parte inferiore del castello fu affittata come osteria già nel 1643 ed esisteva ancora nel 1965 .
Per molti anni il castello e i terreni furono affittati ai coltivatori. Nel 1865 la commissione deputata alla direzione della cultura religiosa degli abitanti della Campagna , stabilì una piccola missione di padri Gesuiti nella chiesa di S. Clemente a Torrenova. Nel 1867 Torrenova passa alla Diocesi di Frascati a quella di Roma e va a far parte della parrocchia dei SS Marcellino e Pietro a Torpignattara .
Un censimento , nel 1870 dimostrava che i residenti della tenuta erano un fattore, la moglie, un guardiacasale, un altro guardiano di trentadue anni con la moglie  e due giovani contadini . Mentre l’osteria del castello era tenuta da due coppie di coniugi . Nel 1904 gli abitanti “ non residenti” erano: quattrocento a Torrenova , cinquanta a Torre Angela e quaranta a Finocchio .
Nel 1905 a causa del tetto pericolante la chiesa di S. Clemente venne chiusa. . In quegli anni a causa di  una grave crisi economica colpì la famiglia Borghese , le proprietà vengono  messe all’asta e passano alla nuora la duchessa Annamaria De Ferrari , moglie del principe Scipione Borghese . Quest’ultimo tra il 1909 e il 1914 farà bonificare tutto il territorio.
Nel 1919, con l’occupazione delle terre da parte dei contadini, suonò per il grande latifondo laziale la campana a morte e iniziò lo smembramento dei beni dei Borghese . Il 29  marzo 1923 il castello , la chiesa e 19 ettari di terreno vennero venduti Giuseppe Migliorelli per L. 400.000 e a tutto il 1999 la proprietà , anche se notevolmente ridotta , apparteneva ancora  ai suoi eredi.
Il 24 novembre del 1924 Annamaria De Ferrari morì tragicamente annegando nelle acque del lago di Garda . Il resto della proprietà ancora non venduta passo alle due figlie : Santa , sposata al principe Astorre Hercolani e Livia, sposata al conte Alessandro Cavazza,  rimase in mano ai Borghese fino alla fine della prima guerra mondiale.

- Come farli rivivere oggi
Il castello si è avviato ad una malinconica decadenza, la chiesa sta crollando e il ninfeo, antico, nobile bagno, è oggi una volgare discarica.  Secondo noi se gli spiriti dei prprietari del castello Colonna ,Cenci, Aldobrandini ecc… aleggiassero nel castello si rivolterebbero nella tomba. L’intero complesso, benché tutelato con vincolo monumentale, è in decadenza: gli intonaci mal tenuti, gli infissi malandati e le finestre della chiesa dissestate. Sicuramente il castello di Torrenova meriterebbe un trattamento migliore, dato che si tratta di un bene culturale importante, forse il più prezioso dell’intero VIII Municipio. Se potessimo dare un suggerimento al comune di Roma il castello con la chiesa di San Clemente andrebbero ristrutturati e usati per attività del quartiere  o culturali.